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::Chiesa di S. Antonino a Contessa Entellina » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa di S. Antonino

Chiesa di S. Antonino




La piccola cappella rurale, dedicata a S. Antonino, sorge dove la trazzera di Bagnatele si divide, proseguendo in due direzioni, una verso Costa del Conte e l'altra verso il feudo Sommacco. Costruita col contributo di tanti contessioti, che avavevano terreni nella Valle dei Mulini, e con l'impegno ammirevole, generoso e costante di Antonino Rizzuto. I lavori di costruzione durarono alcuni anni e fu ultimata sicuramente nell'estate del 1933, quando fu aperta al culto ufficialmente da mons. Evola della Curia di Monreale. La benedizione della cappella era prevista per il giorno 28 agosto, ma fu rinviata al giorno successivo a causa di un furioso temporale. Costruita con materiali locali di quei tempi, per tanti anni è rimasta aperta al culto il parroco latino di Contessa, d'estate saltuariamente vi celebrava la S. Messa). La chiesetta non è crollato col terremoto del 1968, ma è rimasta chiusa al culto per tanti anni. Nel 1991, col contributo del Comune di Contessa Entellina, iniziano i lavori di restauro, che, per il cattivo stato di conservazione dell'edificio, determinano la completa ricostruzione (pietra a vista per le mura e strutture in legno per il soffitto.
Erano state collocate nella cappella inizialmente due statue, una di S. Rosalia ed una di S. Antonino. Oggi solamente la statua di S. Antonino è ancora nella sua nicchia e quattro banchi sono a disposizione dei fedeli.
Abate Francesco, "zu Ciccu Iardinari", coltivava gli ortaggi in un terreno di proprietà della famiglia Lojacono ( Zonja Karulin).
Coltivazione di arance diffusa in tutti i terreni attigui al torrente Senore, perché potevano essere innaffiate anche d'estate.
Solo nei periodi di particolare siccità si stabilivano i turni per innaffiare gli orti, ma solitamente.
Domenico Mulè (Quarrazza), un giorno disperato perché il vento gli aveva portato via il cappello, prese il fucile e fece fuoco in aria, nell'illusione di poter uccidere lo Scirocco, che soffia spesso impetuoso nel territorio di Contessa.
La valle dei mulini era rinomata per i numerosi frutteti ed per i deliziosi fichi fioroni (bifari). Si racconta che ad un contadino gli stimolavano la gola i fioroni del campo vicino e quindi qualche volta, in assenza del padrone, ne approfittava per assaggiarli. Una volta non c'era l'ambulante di frutta e verduta, che era privilegio di chi aveva nel suo terreno orto e frutteti, quindi ogni contadino attendeva che si maturassero per poterli poi raccogliere e portare a casa a gradimento di tutta la famiglia. Un giorno volle scoprire chi gli fregava i fioroni e quindi, facendo finta di tornare in paese, dopo un po’ tornò nel suo campo e trovò vicino alla "gebbia" il padrone del campo vicino, che inventò la scusa che si trovasse lì per recuperare una moneta (cinque lire), caduta dentro la vasca piena di acqua mentre beveva.
Le aie per la battitura del grano venivano attrezzare nei campi di ogni contadino, se esposte al vento per vagliare il grano dalla paglia oppure in alcuni punti, solitamente di proprietà pubblica (trazzere). Si prenotava l'uso disponendo alcune pietre al centro dell'aia.
Nel torrente Passicava si pescavano anguille e granchi, che privati subito delle tenaglie, venivano arrostiti al fuoco.
Nella cappella il 13 giugno era celebrata la divina Liturgia dal parroco latino (P. Garaci, P. Lala, P. Clesi).
Le statue di S. Rosalia (senza un occhio) e di S. Antonino furono portate a dorso di Mulo da Antonino Rizzuto per essere collocate nella chiesa. Le donne al mattino al vederle furono prese da spavento.
Case contigue di Antonino Rizzuto, Luca Di Maggio e Luca Caruso.
Casa rurale di don Luca Schirò, costruita nel 1924 e coltivata dalla famiglia Politi, poi da Nicolosi Accursio e quindi da Giammalva per 15 anni dopo il 1945.
Papas Nino e papas Pietro avevano un campo a Bagnatele.
Davanti la chiesetta c'era una scalinata rustica fino alla trazzera che andava per Sommacco, sopra la chiesetta era fiancheggiata dalla trazzera per le case del feudo Costa del Conte.
Pino Tardo sta ricostruendo in contrada Passo Cristina l'antica "kalive", capanna in canne, molto diffusa nelle campagne come luogo di ricovero in caso di cattivo tempo, utilizzata anche nei soggiorni estivi da chi non aveva una casa in pietra. Di forma quadrata (4 x 4 circa): strato di canne robuste e strato di canne più sottili. Con un montante al centro (tronco di agave).
Maiolica con l'immagine di S. Nicola nella casa di Luca Schirò, in una nicchia, muro di cinta che guarda ad Est.
Frequente la casa rurale nei vari campi della Valle dei Mulini.
Molti terreni di proprietà della famiglia Musacchia, dopo passati ad altre famiglie per i matrimoni degli eredi.
Nino Lala ha una copia del catasto terreni di Bagnatele del secolo XIX.
Si narra che un contadino, irritato per spesso raccoglievano i suoi fichi, un giorno, passata la notta in attesa dell'autore, lo potè cogliere sul fatto e per dissuaderlo sparò delle cartucce di sale sul sedere del malcapitato, che fece tesoro della lezione, senza protestare.



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